Articoli - Calvizie: L' autotrapianto dei capelli
Nostre esperienze nella terapie delle calvizie androgenetiche e cicatriziali mediante micro e mini innesti autologhi.
S. Gilardi, C. Bernasconi
Articolo apparso nell'ottobre 2000 sulla Tribuna Medica Ticinese (Vol. 65: 611 - 613, 2000).
La
nostra esperienza nella tecnica dell’autotrapianto dei capelli ci permette di
consigliare questo metodo per differenti casi di alopecia androgenetica,
post-traumatica e cicatriziale post-infettiva.
Il successo dipende dalla scelta appropriata del tipo d’innesto autologo che verrà eseguito mediante una équipe ben organizzata che avrà accuratamente scelto il paziente previo precisa diagnosi e precisa scelta della tecnica. Gli interventi vengono eseguiti in anestesia locale in via ambulatoriale e, grazie ad accurata cura preventiva antibiotica ed antiflogistica, sono sopportati in maniera praticamente indolore dal paziente con risultati molto soddisfacenti esteticamente con ovvie favorevoli ripercussioni psicologiche soggettive.
Si
può così offrire al paziente una tecnica sicura, medicalmente ben conosciuta
offrendola così a pazienti che spesso non osano esporre il loro problema al
mondo medico ricorrendo a percorsi di medicina alternativa non sempre indenni da
pericolose conseguenze.
La
praticabilità degli interventi fatti in anestesia locale ed in via
ambulatoriale è tale da rendere accessibile a un maggior numero di paziente che
lo desiderano questa possibilità terapeutica che si può tranquillamente oggi
definire sicura.
La calvizie rappresenta uno dei problemi estetici che maggiormente affliggono il sesso maschile nell’età post-puberale ed adulta e, nel sesso femminile può apparire nel periodo post-menopausale. L’entità del problema è tale per cui da molti anni la ricerca in campo medico, e farmacologico in particolare, sta cercando di mettere a punto una terapia che possa in qualche modo risolvere tale patologia. Le terapie tricologiche variano ovviamente a seconda delle cause di alopecia. Non si insisterà mai a sufficienza nello spronare il medico a non sottovalutare il sintomo “perdita di capelli”, indicatore di possibile squilibrio alimentare, psichico, ormonale-metabolico ed immunologico. Ovviamente rinunciare ad una precisa diagnosi eziopatogenetica prima di eventualmente ricorrere alla terapia chirurgica, vuol dire gettare le basi di un probabile insuccesso terapeutico impiantistico, fatto questo che si può constatare anche negli altri campi della medicina dei trapianti.
Diverse
molecole sono state identificate quali potenziali sostanze che possono
migliorare la vitalità dei “capelli”, anche se la maggior parte di queste
porta a dei risultati parziali e non soddisfacenti a lungo termine. Non esiste
invece a tutt’oggi alcuna terapia medica che possa agire su aree totalmente
alopeciche nelle quali i bulbi piliferi siano totalmente atrofizzati.
Attualmente, solo mediante la ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi, si
può ottenere la risoluzione delle calvizie cicatriziali o androgenetiche con
esito atrofico del bulbo pilifero.
La
forma più frequente di alopecia è quella androgenetica, caratterizzata
clinicamente da una localizzazione fronto-occipitale e, a livello cellulare,
dalla predisposizione genetica ad un’accentuata attività dell’enzima 5
alfa-reduttasi nel trasformare il testosterone in deidrotestosterone, metabolita
più efficace nell’azione atrofizzante sull’unità pilifera. Proprio la
messa a punto del Finasteride (Propecia) quale molecola inibitrice della 5
alfa-reduttasi ha ampliato l’arsenale terapeutico andando ad aggiungersi al
Minoxidil in soluzione topica quale sostanza efficace nell’alopecia
androgenetica anche se non travolgente e
il cui meccanismo d’azione rimane per ora ancora sconosciuto.
Comunque
diverse sono le possibilità chirurgiche a nostra disposizione in grado di porre
rimedio ad una calvizie già presente. Esse prevedono diverse tecniche che vanno
dai lembi di rotazione del cuoio capelluto, eventualmente associati ad
espansione cutanea, al lifting del cuoio capelluto, alla rimozione della aree
prive di capelli dopo posizionamento di particolari estensori e alle tecniche di
autoinnesto di cuoio capelluto.
Nessuna
di queste tecniche rappresenta, a nostro avviso, la procedura ideale; ogni
singolo caso clinico deve essere attentamente valutato e trattato nella maniera
più consona, anche se riteniamo che la procedura che più di ogni altra è in
grado di risolvere il problema in maniera semplice ed efficace sia quella
dell’autoinnesto.
L’intervento
chirurgico di “trapianto del cuoio capelluto” si basa sul fatto che i bulbi
piliferi prelevati da un’area ricca di capelli possano essere trasferiti ed
impiantati in una zona affetta da calvizie. Tali bulbi hanno la possibilità di
attecchire e di continuare a vivere preservando la loro capacità di produrre
capelli come nella loro sede originale.
Normalmente
le persone adulte affette da calvizie mantengono sempre un’area di capelli in
regione occipitale anche in età avanzata. Questo fenomeno è in buona parte
dovuto al fatto che tali bulbi piliferi non presentano l’enzima 5
alfa-reduttasi avendo così una maggiore “resistenza” rispetto a quelli
localizzati nelle regioni anteriori e apicale del capo. Approfonditi studi
effettuati a distanza di anni permettono di affermare che i capelli trapiantati
continueranno a crescere per tutta la vita.
L'intervento
chirurgico viene effettuato in anestesia locale in un regime ambulatoriale
(durata totale del soggiorno del paziente nello studio medico: 3 a 6 ore).
Nella
fase pre-operatoria si inizia la cura antiflogistica ed antibiotica che finora
ci ha permesso di evitare problemi d’infezione o di dolori postoperatori.
La regione donatrice viene adeguatamente preparata mediante dei cerotti che delimitano un’area a forma di losanga, ad asse maggiore orizzontale, situata in regione occipitale al di sopra della tuberosità. La lunghezza della losanga varia in funzione della quantità del cuoio capelluto che deve essere prelevato: normalmente può raggiungere i 19-20 centimetri. L'incisione viene eseguita mediante un bisturi particolare sul quale possono essere inserite più lame (fino a 5-6); in questo modo, con un unico passaggio siamo in grado di prelevare 3 strisce di cuoio capelluto con una larghezza variabile da 0,5 a 1,3 millimetri. L'area donatrice viene quindi suturata mediante avvicinamento dei lembi residui e sutura continua con filo di nylon 3/0 che verrà rimosso dopo 14 giorni.
Le
strisce di cuoio capelluto prelevate vengono adeguatamente sezionate in maniera
da ottenere delle isole cutanee di dimensioni variabili: attualmente ci
limitiamo all'allestimento di isole con un unico bulbo pilifero (microinnesti),
che verranno innestate lungo la linea anteriore del capo, ed isole di diametro
maggiore, 1,3 millimetri (mini innesti), che utilizzeremo per la parte
posteriore dell'area alopecica.
Le isole così preparate vengono impiantate nella regione ricevente. Un disegno effettuato prima dell'intervento chirurgico ci permette di essere estremamente precisi durante la fase di impianto, soprattutto lungo la parte anteriore, la più delicata da realizzare. Per questo è indispensabile seguire accuratamente il progetto pre-operatorio. I singoli bulbi devono essere impiantati in modo da limitare il più possibile una linea anteriore naturale, sia come disposizione che come orientamento di ogni singolo elemento. Le incisioni vengono fatte mediante una lama da bisturi n. 11 per uso oculistico. La direzione delle incisioni deve essere precisa e con un andamento che rispetti le linee di tensione cutanee in modo da poter essere praticamente invisibile. Le incisioni per i mini innesti vengono eseguite con lo stesso tipo di lama, ma, essendo tali isole di dimensione superiore alle precedenti, con un doppio passaggio della lama, in maniera da ottenere una incisione "a stella di Mercedes". Abbiamo pressoché abbandonato le incisioni con punch circolari, poiché a nostro avviso lasciano una cicatrice maggiormente visibile. Inoltre il sistema a stella favorisce un miglior ancoraggio dell'innesto, limitando notevolmente la tendenza all'estrusione dell'innesto nelle prime ore post-operatorie.
Al
termine dell'intervento il paziente viene sottoposto ad un bendaggio elastico
che viene rimosso dopo circa 2 ore.
La
fase più delicata del periodo post-operatorio sono le prime 24-36 ore. Durante
questa fase il paziente dovrà essere particolarmente attento ad evitare traumi
e sfregamenti della regione innestata. Dopo questo periodo, la formazione di
piccole croste farà in modo da assicurare l'immobilità dell'innesto fino ad
attecchimento avvenuto. Dopo 7 giorni il paziente potrà iniziare a lavarsi il
capo.
Per
un periodo di circa 3 settimane i capelli innestati continueranno a crescere poi
inizieranno a cadere in una percentuale variabile del 30 al 90%. Tale caduta non
è problematica poiché dopo un periodo di latenza di circa 6 settimane il bulbo
trapiantato ricomincerà a produrre il pelo in maniera definitiva.
I
capelli innestati subiranno una crescita regolare, del tutto analoga a quelli
naturali (circa 1 centimetro al mese) e come tali andranno trattati.
Le
cicatrici residue sono del tutto invisibili anche a livello della zona
donatrice. In questa regione sussistono per 3-6 mesi circa delle disestesie
comunque non fastidiose che progressivamente scompariranno: è la conseguenza di
microlesioni all’innervazione cutanea.
Con
la tecnica del trapianto autologo dei capelli è possibile risolvere in maniera
abbastanza semplice il problema della calvizie. Questa tecnica permette di
ottenere ottimi risultati sia nelle forme parziali o iniziali di rarefazione dei
capelli, ove è richiesto un semplice infoltimento, sia nelle forme più gravi
di calvizie. Un risultato ideale, con un’ottima costituzione di una naturale
attaccatura anteriore ed una buona densità di capelli, può essere ottenuto
solo mediante più sedute che possono essere eseguite a distanza di alcuni mesi
l'una dall'altra. Ciò è dovuto al fatto che nel corso di ogni intervento
chirurgico è necessario rispettare uno spazio di circa 1,5 – 2 millimetri fra
un innesto e l'altro in modo da permettere un adeguato nutrimento di ogni
singolo bulbo garantendone l'attecchimento. Mediante una seconda operazione si
potranno impiantare dei nuovi bulbi fra questi spazi per aumentare
progressivamente la densità dei capelli. La tecnica del trapianto autologo, sia
pur nella sua semplicità da un punto di vista concettuale, richiede il rigoroso
rispetto di fondamentali dettagli tecnici; è una procedura estremamente
delicata che richiede perizia, precisione e meticolosità nell'esecuzione.
Il
paziente deve essere valutato con una visita preliminare accurata, eventualmente
supportata da indagini diagnostiche specifiche per definire l'esatta causa del
suo problema. Nella nostra casistica solo il 50% dei casi clinici osservati può
essere sottoposto a trapianto.
Se
candidato all'intervento il paziente deve essere ben informato sia per quanto
concerne il tipo di procedura al quale verrà sottoposto, sia in relazione alle
reali possibilità di risultato, che comunque potrà essere apprezzato solo a
distanza di tempo, ovvero quando la crescita dei neocapelli ha raggiunto alcuni
centimetri e, in taluni casi, dopo plurimi interventi.
La
motivazione all’intervento è maturata anche dal fatto che il paziente deve
pagarsi l’intervento in quanto non è riconosciuto dall’ente assicurativo,
tranne che nei casi di alopecia cicatriziale post-traumatica, post-infettiva o
congenita. Il lettore facilmente immaginerà il miglioramento estetico che si
potrà ottenere, altrettanto importante di quello psicologico soggettivo che ne
consegue.
Regione frontale apicale
Prima dell’intervento
Regione apicale
Prima dell’intervento
Regione apicale
Cinque mesi dopo l’intervento di autotrapianto
© Dr. S. Gilardi & Dr. C. Bernasconi, X 2000, aggiornato il 30.01.2005 11:37:11